IN/ESPRESSO
Non è
stato mai particolarmente saldo il ruolo dell’artista nella società, nemmeno
nei duecento anni che ci separano dalla rivoluzione borghese che, bene o male,
ne ha stabilito l’indipendenza. Ma in quest’arco di tempo un numero non
trascurabile di autori ha saputo, volta a volta, infrangere convenzioni,
anticipare tematiche cruciali, sperimentare nuovi linguaggi. Oggi le
avanguardie che si erano proposte, sfidando il paradosso, di “ricostruire
l’universo” sono scomparse. Le utopie, ridotte a illusioni, sono azzerate.
Questa la
diagnosi - forse lucida, ma certo non eccitante - formulata in un volume
("Espresso. Arte oggi in Italia") presentato sabato 17 febbraio 2001
nel foyer del Teatro della Corte dal curatore, Sergio Risaliti, e da Gianfranco
Maraniello, in concomitanza con l'inaugurazione presso lo spazio Pinksummer di
una personale di Stefania Galegati, giovane artista che si va rapidamente
affermando nel panorama internazionale.
Al di là
dello scopo più immediato, che risiede nel promuovere la conoscenza del lavoro
di ventotto autori dell'ultima generazione (fra i quali è inclusa la Galegati)
anche fuori dai confini italiani, il libro, edito da Electa con il contributo
del Monte dei Paschi di Siena e dello stilista Giorgio Armani, tenta di fare il
punto sulla situazione presente dell'arte. Mentre sotto il profilo
dell’organizzazione grafica non riesce ad affrancarsi dai modelli collaudati in
repertori di ambito più vasto già presenti sul mercato, come "Fresh
Cream" edito da Phaidon, o "Art at the end of the millennium",
pubblicato dalla più popolare Taschen, "Espresso" offre quindi valore
aggiunto in termini di analisi e spunti di riflessione. Nè potrebbe essere
altrimenti, visto che l'iniziativa prende le mosse dal Palazzo delle Papesse di
Siena, uno dei rarissimi centri italiani che, nonostante l'ancor breve
esperienza, abbia saputo conquistare udienza in campo europeo.
Una serie
di saggi ripercorre sinteticamente le vicende della cultura italiana fra il
1985 ed il 1995, accostando letteratura, arti visive e design in un regesto in
cui trovano spazio anche le esperienze di artisti genovesi come Luca Vitone,
Cesare Viel, Formento & Sossella.
La
ricostruzione dell'oggi, affidata a Luca Cerizza, Stefano Chiodi e Gianfranco
Maraniello, viene però infelicemente abbozzata attraverso il filtro di un
pensiero più rassegnato che debole, tanto consapevole dello strapotere
dell'entertainment e della comunicazione televisiva quanto incapace di
sollevarsi dalla propria subalternità. Non stupisce, di conseguenza, che ne
scaturisca una visione dell'artista "sospeso come un acrobata fra
intrattenimento e pensiero, fra spinta verso il futuro e polemica
regressione", intento a pratiche ove predominano "riciclaggio, senso
del possibile contrapposto alla determinazione della forma, mimetismo, ironia,
attesa".
In realtà
le opere pubblicate propongono un'atmosfera più variegata e stimolante della
cornice tracciata dai loro interpreti. Le provocazioni giocose (i video di Sara
Rossi, gli oggetti molli e le alterazioni di scala di Loris Cecchini)
contrappuntano immagini elusive (le fotografie sgranate di Monica Carocci, gli
interni scanditi di Luisa Lambri); le "sculture estendibili" di
Giuseppe Gabellone e le macchine inutili di Simone Berti si alternano alle
immagini digitali di Bianco & Valente e allo straniato squallore delle
"isole suburbane" identificate da Botto e Bruno.
Nella
selezione, che in sostanza non fa che registrare valori già consolidati, non
mancano comunque lacune. La più vistosa riguarda il versante caratterizzato
dalla "tensione al sociale, all'analisi dei linguaggi dell'abitabilità e
della comunicazione", espressa da gruppi "che lavorano tra il bureau
d'architettura e il collettivo politico", come Stalker e i genovesi di
A12, pure ricordati nel testo.
Sulla "mostra
itinerante" che il libro aspira ad incarnare prevale comunque
l’esposizione allestita da Pinksumnmer nelle sale del palazzo di via Lomellini
2. Qui Stefania Galegati mette in scena un progetto imperniato sui fantasmi,
raffigurando in tre grandi dipinti altrettanti luoghi in cui si vuole siano
occorse apparizioni. Ma il fantasma di cui va in traccia forse altro non è che
il simulacro della pittura, evocato attraverso un’esattezza visiva che rimarca
la sostanza illusionistica della riproduzione. Una quinta con cui l’artista non
può evitare di scontrarsi mentalmente, come accade al protagonista del video
proiettato nella stanza accanto, per scoprirvi dopo molteplici tentativi la via
d’accesso ad una dimensione ulteriore dell’esperienza.
s.r. (febbraio 2001)