ARTE ARGENTINA
Dispersi tra le sale del Museo di Sant'Agostino (affatto inidonee all'esposizione di opere pittoriche, come già s'era potuto rilevare in precedenti occasioni, dalla remota mostra celantiana dedicata all' "Inespressionismo americano" alla più recente antologica di Giannetto Fieschi), quasi due secoli d'arte argentina si offrono - in seconda battuta, dopo una tappa romana - agli spettatori genovesi per iniziativa dell'Istituto Italo-Latino Americano, della Fondazione Colombiana nonchè degli Assessorati alla Cultura della Regione e del Comune di Genova.
Gli esordi di un'arte figurativa che, senza potersi dire del tutto indipendente, abbia comunque radici nazionali devono esser fatti risalire, in Argentina, alla seconda metà dell'Ottocento. In questo scorcio di tempo, infatti, inizia a diffondersi nella borghesia locale il gusto per il ritratto, vengono create le prime istituzioni dedicate all'insegnamento artistico (l'Accademia della Società Stimolo di Belle Arti s'inaugura nel '78), si affermano pittori che, come Pridiliano Pueyrredon (1823-1870), uniscono una considerevole perizia tecnica (si veda al riguardo il noto ritratto di Giuseppe Garibaldi datato 1862) ad una considerazione del paesaggio e dei tipi nazionali caratteristici (quali il "gaucho") non priva di accenti naïfs ma di rimarchevole efficacia.
La formazione degli artisti viene comunque perfezionata, in genere, all'estero (per lo più in Italia ed in Francia). Dalle esperienze europee di pittori quali Eduardo Sivori, Martin Malharro, Pio Collivadino deriva l'introduzione dei retaggi - rispettivamente - realisti, impressionisti e divisionisti nella cultura locale. Quest'opera di mediazione nei confronti delle tendenze novatrici affermatesi nei maggiori centri di produzione artistica (ancora soprattutto Parigi con il Fauvisme ed il Cubismo e, più marginalmente con il Surrealismo;l'Italia con il Futurismo) proseguirà per tutta la prima parte del nostro secolo, raggiungendo tuttavia risultati di rilievo internazionale soltanto nell'opera cubistizzante - ma filtrata attraverso la lezione d'ordine e armonia del Quattrocento italiano - di Emilio Pettoruti ed in quella dello scultore Pablo Curatella Manes. All'universo fantastico di Klee sembra rapportarsi la figura di Xul Solar, inventore di lingue panamericane (il "neocriollo") e di giochi, ritenuto il principale esponente di una presunta variante surrealista argentina, in ordine alla cui effettiva sussistenza sono state tratte conclusioni antitetiche: Aldo Pellegrini, da un lato, ha inteso promuoverne (sia pure in una versione "tiepida") il riconoscimento mentre altri, come Jorge Romero Brest, l'ha viceversa esclusa in toto.
Un contributo - se anche forse non completamente originale certamente di alto livello, che in qualche modo sembra marcare la raggiunta maturità internazionale degli ambienti artistici argentini - è offerto, nel secondo dopoguerra, dal gruppo di Arte Concreto-Invencion di cui furono membri fra gli altri Tomas Maldonado (del quale si deve registrare l'incongrua assenza), Claudio Girola, Alfredo Hlito, Enio Iommi, Lidy Prati e che in un arco di tempo relativamente breve perseguì con notevole coerenza un'"esaltazione dei valori concreti della pittura" ovvero, in altri termini, un' "esaltazione dell'ottica" che avrebbe offerto i suoi frutti migliori (mediati altresì dall'esperienza di artisti come Gyula Kosice, fondatore con Carmelo Arden Quin del movimento Madì, ed impegnato negli anni '60 in sperimentazioni idro-sculturali di grande importanza) sul fronte cinetico.
Senza nulla voler togliere all'importanza delle manifestazioni informali (Alberto Greco, cui vanno peraltro ascritte intuizioni proto-comportamentistiche, e Mario Pucciarelli) verificatesi fra '60 e '64 od a quelle coeve di "Otra Figuracion" (Ernesto Deira, Romulo Macciò - autore di uno fra i quadri migliori della rassegna, "Ese hermano loco de Theo", 1963 -, Luis Felipe Noè e Jorge de la Vega) apparentabili nell'insieme alle pratiche europee della cosiddetta "Nuova Figurazione", va segnato all'attivo degli operatori argentini ascrivibili a questo campo di ricerca il conseguimento di un'indiscutibile affermazione internazionale, sottolineata dal premio per la pittura della Biennale di Venezia attribuito nel 1966 a Julio Le Parc. Oltre a quest'ultimo sono da rammentare Martha Boto, Hugo Demarco, Horacio Garcia-Rossi, Eduardo Rodriguez, Gregorio Vardanega, artisti che hanno sottilmente indagato le possibilità del movimento virtuale e reale, in special modo attraverso lo studio dell'azione della luce su strutture di matrice geometrica talora variamente espandibili nell'ambiente.
Se questo aspetto non pare sufficientemente documentato (forse anche a motivo della residenza europea di gran parte dei protagonisti), ancor meno lo è la linea che da fermenti pop (Dalila Puzzovio, Carlos Squirru) muove, attraverso gli happenings di Marta Minujin e l'opera di artisti quali Juan Stoppani, David Lamelas, Oscar Bony o Pablo Suarez verso il concettualismo azionistico e ambientale ("arte de sistemas") patrocinato da Jorge Glusberg tramite il Centro de Arte y Comunicacion (CAYC), fondato nel 1970.
Negli anni più recenti non sembrano essere maturati - stando a ciò che la mostra offre - fenomeni di qualche rilevanza: conformi al generalizzato clima transavanguardistico si svelano le modalità espressive del giovane Guillermo Kuitka mentre una precisa consonanza con Gnoli sembra di ravvisare nelle immagini iperrealiste di Ernesto Bertani. Meglio, allora, tornare alla scultura misurata e composta di un'artista ormai scomparsa, Alicia Penalba, che pur enunciando con evidenza nell'opera i tratti storicamente determinati della propria formazione (completata in Francia negli anni del secondo dopoguerra) ha saputo produrre un mondo esemplare di forme "organiche... che si espandono o si concretano, partendo da un nucleo germinale" (Whitelow).
s.r. (1988)