Hozro: materiali sulle arti visive a Genova





LUISELLA CARRETTA: L'ARTE DEL VOLO

Per quanto strano possa apparire, la pittura - arte visiva per eccellenza - si trova a scontare un sensibile svantaggio rispetto alle forme espressive di matrice letteraria nella rappresentazione del volo.
Non del volo umano, ché infinite sono le trasposizioni figurative del mito d'Icaro, ed all'elogio del Monti al "volator naviglio" dei fratelli Montgolfier od alla visione anticipatrice esternata da Jules Verne in "Dalla terra alla luna" può far contrappeso l'esercizio futurista dell'Aeropittura, recentemente riepilogato in un'esposizione ("Aereo e pittura. Mostra dell'aria e della sua conquista") tenutasi per iniziativa dell'Aeritalia a Napoli e Londra. Del volo degli uccelli, piuttosto, di cui non troviamo - nel tempo - illustrazioni pittoriche equivalenti in pregnanza alla lunga serie d'immagini che dal cerilo evocato da Alcmane nel suo trasvolare con le alcioni "sul fiore dell'onda" si estende all'istantanea carducciana ove "stormi d'uccelli neri" sono inquadrati nel loro migrare attraverso un cielo autunnale arrossato dal tramonto, magari con qualche incidente di percorso, come il notturno "svolazzar su per le croci" che il Foscolo affibbia all'upupa, simpatico passeriforme di ben diverse abitudini.
Nè valgono a ribaltare la situazione lavori di vasta notorietà quali gli studi ("Linee andamentali + successioni dinamiche") realizzati da Balla nel 1913 sul volo delle rondini, poiché l'attenzione vi è puntata sul movimento più che, specificamente, sul volo. Su quest'ultimo si è invece concentrata, sin dagli anni '70, la ricerca di Luisella Carretta, artista genovese che - muovendo da suggestioni concettuali tipiche di quegli anni - è venuta elaborando una metodologia descrittiva di micro-eventi, rilevati entro contesti ambientali determinati più o meno arbitrariamente, per molti versi analoga a quella dell'osservazione scientifica del comportamento animale.
Se dapprima l'accento veniva posto sul carattere effimero del fenomeno registrato (mescolando l'annotazione fotografica e in pianta dei tracciati percorsi in Val d'Aveto da alcuni esemplari di cornacchia grigia alla trascrizione visiva del ritmo dei passi d'una giovane donna in un contesto urbano), sullo scandaglio minimale dei comportamenti di specie diverse (l'umana inclusa), quasi una dilatazione delle indagini psicogeografiche gi propugnate dai situazionisti, alle soglie del successivo decennio il senso dell'operazione intrapresa dalla Carretta sembra mutare profondamente.
Al suo interno, infatti, l'interesse etologico assume un ruolo dominante, mentre - pur nel rispetto dei risultati dell'osservazione - al medium inespressivo della fotografia ed alla convenzionalità degli schemi topografici si sostituisce il tramite più flessibile del disegno a mano libera, sovente arricchito di notazioni di paesaggio e di suggestive indicazioni cromatiche.
Il problema con cui l'artista si misura diviene quello di "scrivere il volo"; di rivelare - secondo una sua efficace formulazione - quegli "elementi ... fluidi che appartengono al visibile ma anche all'invisibile".
Da questa esigenza nascono volumi come "Rapaci in volo" (Pirella, 1988) ed il recente "Etogrammi del cielo" (Arti grafiche Sobrero, 1990), edito con il concorso di aziende genovesi come l'Ansaldo, la Cassa di Risparmio, l'Elsag e di enti come il Centro di Bioetica, uno dei poli del dibattito sul tema emergente dei "diritti animali".
Vi sono raccolti disegni che riflettono i risultati di osservazioni condotte nell'arco d'un decennio sui gabbiani stanziati (se così può dirsi, trattandosi d'una specie ancor oggi prevalentemente migratoria) in aree urbane ove trovano nutrimento in particolare nelle discariche e nei depositi di rifiuti.
Nella trama dei segni che rimandano a "relazioni geometriche, fisiche, biologiche ma anche fantastiche", mimando traiettorie, rituali, persino giochi, ciò che si ricerca non è semplicemente una sintesi informativa ma il reperimento - nello spazio del volo - "delle forme dell'unità armonica perduta".
Così - nota Giorgio Celli nella prefazione al volume, cui fanno seguito interventi di Guido Giubbini e Carlo Violani - l'intenzione di fissare sulla carta il volo degli uccelli faemergere, "al di là delle peripezia di quel gabbiano o di quel rapace, la firma della specie e fa di questa sigla biologica un'espressione". E - singolarmente - i due messaggi, descrittivo ed estetico, non s'intralciano, oscurandosi, ma s'illuminano reciprocamente, trasmettendoci "un'empatia più sottile di quella che di solito ci comunica un'immagine estetica, perché deriva, pur nella sua violenta astrazione, dai geni, dalle cellule, dai muscoli, che sono, per dir così, dei simboli corporei".

s.r. (1990)





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