Hozro: materiali sulle arti visive a Genova





CARL-FRIEDRICH CLAUS A PALAZZO DUCALE

Prosegue, con la mostra di Carlfriedrich Claus a Palazzo Ducale, la sequenza di mostre personali promosse dal Goethe Institut Genua dedicata a figure artistiche di rilievo dell'ex R.D.T., iniziata due anni fa' con la rassegna dell'opera grafica di Hermann Glöckner allestita all'Accademia Ligustica e proseguita nel 1995 con un'esposizione di Gerhard Altenbourg.
Vissuto in sostanziale isolamento ad Annaberg, in Sassonia, a lungo sorvegliato dalla Stasi, sino alle soglie degli anni '80 Claus ha potuto far conoscere il suo lavoro all'estero solo episodicamente, attraverso la partecipazione a mostre collettive (alcune, peraltro, di notevole spessore, come Bild und Schrift, svoltasi ad Amsterdam ed a Baden-Baden nel 1963) e la pubblicazione di testi teorici in riviste od in volume.
La sua notorietà in Italia è stata sinora legata soprattutto alla ricerca svolta nel campo della poesia sonora, documentata da Arrigo Lora Totino in Futura (Cramps Records, 1978), la più conosciuta raccolta antologica in quest'ambito.
E proprio con le composizioni sonore, registrate su nastro nel 1959, si apre la rassegna di Palazzo Ducale che offre, per la prima volta in Italia, un quadro completo dell'opera dell'artista.
Ma subito ci s'addentra in un dedalo di tavole trasparenti coperte da quelle che Henri Chopin ha definito "scritture esplose", fatte "di sovrapposizioni grafiche ripetute all'infinito", una sorta di "magnetofono muto" tramite cui la parola non s'indirizza più all'udito ma alla vista.
Alla base dei lavori esposti si pongono, infatti, complessi manoscritti, composti in caratteri minutissimi (nei quali l'autore riflette le sue speculazioni di soggetto filosofico ed utopico, influenzate dalla mistica medioevale e dalla lezione di Ernst Bloch) trasferiti poi mediante un procedimento fotografico sulle due facce di un foglio trasparente, così da produrre molteplici possibilità di lettura grazie alle interazioni tra fronte e retro.
Fra le opere più suggestive Paesaggio della mente paracelsiano, 1962, un'ondivaga struttura verbale che dissimula la sua componente concettuale sotto le parvenze d'uno scenario naturalistico, e Saggio allegorico per Albert Wigand: naturalizzazione dell'uomo, umanizzazione della natura, 1965/79, che si riporta ad una discussione con un artista amico.
In questi accumuli di segni, nei quali si sforza di trasformare in energia la materia linguistica e spirituale, Claus sperimenta "il gioco tra la scrittura della mano destra e quella della mano sinistra" (A. Spatola) che vede la prima rappresentare il rigore critico e costruttivo, mentre la seconda "quando scrive scivola, e il valore semantico si dissolve nella grafia".
Così, nello spazio liberato dalla pressione dei significati consci affiorano tratti antropomorfici (occhi, orecchie, volti) ed una fauna innaturale, ibrida, a partecipare la volontà dell'artista di esprimersi in una lingua capace d'inglobare la dimensione fisica e le profondità dell'inconscio.

s.r. (1996)





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