MOSTRE A GENOVA - CONTEMPORANEA-MENTE


Hozro: materiali sulle arti visive a Genova






contemporanea-mente

"L'arte contemporanea ha irreversibilmente non solo sorpassato (...) ma altresì disabitato e manipolato i concetti di opera e di artista per diventare un complesso sistema di comunicazione sui più diversi livelli dei mondi socio-culturali che ci attraversano. Si producono opere d'arte, non nel senso traslato di capolavori, ma nel senso di prodotti basati su codici ed intenzioni artistiche, e una loro definizione in termini quali la bellezza può non essere la più pertinente, soprattutto quando inner-vano nel proprio circuito di lavorazione proprio la tematizzazione di tali codici artistici".
Riccardo Ferrari apre così la presentazione di "contemporanea-mente", una mani-festazione dislocata in tre sedi espositive (Centro Iniziativa Sottoripa, Galleria Leo-nardi V-idea, Centro della Creatività) ed imperniata inoltre su una performance "ludico-ironica" di Emanuele Magri, ove tra vesti e verbi (poetici, composti e recitati da Paolo Gentiluomo) si disegna una "com-plessa elaborazione antropologica che ruota intorno ai due poli del corpo e del linguaggio".
La rassegna, scrive Ferrari, "è stata un tentativo di decostruire i meccanismi di accesso alla visibilità e la sua spinta propulsiva è stata quella di scavalcare i rituali settarismi di gallerie, collezionisti, artisti, critici, operatori culturali e politici, per cercare un modo trasversale di proporre a un pubblico ancora amorfo e privo di precisa riconoscibilità dei lavori di giovani artisti di rilievo nazionale".
Niente da dire su quest'ultimo punto. Gli artisti coinvolti hanno, tutti (a prescindere dalla maggiore o minore notorietà), un lavoro interessante. D'altronde la Galleria Leonardi, che è stata il vero motore dell'iniziativa ha presentato, negli anni, molti giovani artisti poi approdati alla ribalta nazionale e/o internazionale (da Tommaso Tozzi a Maurizio Cattelan, da Emilio Fantin a Pipilotti Rist).
Il problema consiste nel fatto che se la disposizione trasversale della mostra può trovare un minimo di riscontro, l'intento decostruttivo (ma non è anche questo un termine "epocale", legato a una stagione chiusa, proprio come il superamento, dichiarato scaduto proprio in esordio, lo è alla elaborazione dei lettristi e dei situazionisti?) non ne trova alcuno.
A meno che non lo si voglia identificare nella targa esposta in Palazzo Ottavio Pallavicino, nella quale sono elencati i cento finanziatori della mostra, a metà strada fra una antiretorica dichiarazione d'intenti ed un'ironica destituzione del ruolo.
Se anche così fosse, comunque, sarebbe troppo poco. E questo elemento sarebbe smentito proprio dall'utilizzo di tutte le articolazioni del sistema dell'arte, nessuna esclusa, e tutte saldamente innestate nel ruolo. Non che ci si voglia lamentare: è del tutto normale che gli artisti vogliano essere riconosciuti per tali, i critici idem; che gli enti pubblici e le aggregazioni partitiche esercitino le loro funzioni e che i galleristi rivendichino, al di là degli aspetti meramente commerciali, le componenti socio-culturali del loro operare.
Il punto è che bisognerebbe individuare, se esistono, e, se esistono, sapersi inserire negli slittamenti che alterano gli equilibri in atto. E, se lo scenario che abbiamo davanti ci esibisce "la contaminazione e le catastrofi brade, pornografiche e inabitate di un presente che vive nel ricordo di sè stesso", sarebbe forse il caso di "superare" sociologismo ed autoreferenzialità per raggiungere un atteggiamento, prima che "non governabile", almeno "non prevedibile".

Sandro Ricaldone

Lorenzo Biggi, "Saggio di cattiva pittura", 1998, installazione

Maurizio Bolognini - Angelo Candiano, "Brevetto Oltrearte", 1997

Carlo Buzzi, "Zorro", 1999

Pierluigi Fresia, "Che argomenti può avere la perfezione", 1999

Emanuele Magri, "la setta delle s'Arte", 1999

Dario Molinari, "Neon-post-it notes", 1996

Luca Scarabelli, "La sete", 1999





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