Hozro: materiali sulle arti visive a Genova





LA COSCIENZA TRA L'ARTE E LA CULTURA CONTEMPORANEE

A Palazzo Doria Spinola dal 20 dicembre 1999 al 29 gennaio 2000 una mostra curata da Mario Casanova Salvioni, direttore del Centro d'Arte Contemporanea Ticino (Svizzera) con Leonardi V-Idea Genova sotto l'alto patronato della Provincia di Genova e di Pro Helvetia Fondazione Svizzera per la Cultura,

con
Christian Jankowski
Stefano Jermini
L/B (Sabina Lang & Daniel Baumann)
Ingeborg Luscher
Olivier Mosset - Danilo Catti
Adrian Schiess
Michel Verjux.

Palazzo Doria Spinola è un luogo importante, non solo perché sede della Provincia e per il suo valore storico, bensì anche per la presenza di opere e arredi d'arte antichi dal '500 al '700, che la rendono luogo di riflessione comparativa con i tempi moderni e la cultura contemporanea. Tale è infatti stato uno dei fili conduttori iniziali dei curatori, sollecitando gli artisti selezionati a scovare, attraverso le loro opere, in un simile spazio un legame tra la storia, la cultura del luogo, la coscienza storica collettiva e la cultura ed il comportamento contemporanei. Come ribadire, che l'arte attuale altro non è che il rusultato della stratificazione delle gesta che l'hanno preceduta.

I protagonisti (più o meno noti) della mostra sono in gran parte svizzeri, anche se operanti da anni sulla scena internazionale e reduci da rilevanti eventi culturali, quali la Biennale di Venezia, di Lione ed altri. I loro lavori sono prevalentemente di carattere installativo, non tralasciando l'aspetto multimediale e audio-visivo (come proiezioni d'immagini o di fasci di luce) e utilizzando alcuni elementi dell'arredo in una legittima interazione con lo spazio che li accoglie.

Giovane artista distintosi alla Biennale veneziana del 1999 con il lavoro Telemistica (1999) e a quella di Lione nel 1997, Christian Jankowski (Berlino, Germania, 1968) presenta nella Sala degli Arazzi Mein Leben als Taube (1996), opera composta da una proiezione video e da 5 fotografie. Questi due lavori in uno sono documenti - filmico il primo e fotografico l'altro - di una performance involontaria, in cui l'autore diviene (sempre) il protagonista volontario. Il filmato è un dittico. Nella prima parte l'artista si offre come cavia ad un mago di cabaret, che lo trasforma in piccione sotto l'improbabile effetto della magia. La seconda parte documenta invece la sua ri-trasformazione in essere umano. Le fotografie sono state scattate dal pubblico durante l'evento-performance. ]ankowski non confeziona immagini predefinite, ma si affida al caso, all'istante, all'interazione con la quotidianità, cogliendo gli attimi ludici e allo stesso tempo drammatici di un'esistenza divenuta banale, cui però si attribuiscono talvolta valori spesso esagerati.

Stefano Jerrnini (Lugano, Svizzera, 1961) opera nello spazio. L'elemento di questo suo ultimo lavoro è la luce, il supporto è uno dei grandi lampadari in cristallo della Sala del Consiglio. Ancorché biblico, la luce è un elemento primario, che dà vita e che, nel contempo, permette all'occhio di vedere e di osservare. L'artista giustifica la sua opera in un'azione, che relaziona lo spazio con il concetto, sostituendo una fila di lampadine esistenti con altrettante nere. Non si tratta di un intervento puramente formale ed estetico. Jermini gioca con la bipolarità dell'esistenza passando, in una visione in qualche modo gnostica, dalla luce alla non-luce, dall'affermazione alla negazione, dall'autoaffermazione all'autonegazione. Tale lavoro, concepito e svolto appositamente per quest'esposizione, assume una maggiore importanza in considerazione dello spazio espositivo: un luogo storico testimone di avvicendamenti politici, culturali ed economici.

Sempre nella Sala del Consiglio la coppia d'artisti L/B (Sabina Lang, 1972 & Daniel Baumann, 1967, Burgdorf, Svizzera) mettono in esposizione per la prima volta in Italia un'installazione di grande formato dal titolo Moduli del 1999. Reduci dalla mostra Ere/e Sicht aufs Mittelmeer al Kunsthaus Zurich per la cura di Bice Curiger, da pochi anni L/B affrontano il tema del gioco con l'uso di un design, che si rifà agli anni '70, ironizzando sull'importanza dell'immagine in arte nel contesto artistico attuale, ma soprattutto riflettendo sulle componenti della comunicazione illustrativa, commerciale e letteraria.

Ingeborg Luscher (Tegna, Svizzera, 1931) - artista svizzera d'origine tedesca presente anche alla Biennale di Venezia 1999 - ha scelto la Sala del Presidente come luogo per un'installazione a pavimento. Gli abiti, segno indelebile del passaggio delle genti, del tempo e delle mode diventano in questo contesto una pura riflessione sulla memoria. Ingeborg Luscher ha infatti raccolto per otto anni i resti depositati nel filtro della sua macchina asciuga-abiti e composti da fiocchi di stoffa. Con questi frammenti di stoffa essa ricompone la forma di abiti. L'abito non serve unicamente alla vestizione, ma rappresenta un rituale d'identificazione ed in qualche modo d'iniziazione del personaggio uomo/donna. La deposizione degli abiti, la cui presenza suggerisce l'esistenza di corpi precedenti che li hanno indossati - sul pregiato pavimento di Palazzo Doria Spinola, è un aspetto che lascia d'un tratto cadere la componente temporale presente, demandando l'attenzione al passato, al futuro ed alla trasformazione.

Olivier Mosset (Tucson, Arizona, 1944) (Padiglione svizzero alla Biennale di Venezia del 1990), non necessita di particolari presentazioni. Artista storico, che con Daniel Buren, Michel Parmentier e Nìele Toroni ha dato il via negli anni '70 alla rimessa in discussione della pittura come atto pittorico, e già presente in Svizzera quest'anno al Centro d'Arte Contemporanea Ticino e con Cady Noland al MIGROS Museum fur Gegenwartskunst di Zurigo, offrirà al pubblico di Palazzo Doria un trittico video (la sua prima opera video) dal titolo Via Tamaro 3, 1999, eseguito in collaborazione con il regista Danilo Catti. Mosset, pittore d'avanguardia, intende rappresentare con il cinetismo la continuità e lo sviluppo dell'immagine pittorica in un contesto, dove i riferimenti a tale tradizione sono evidenti ed ormai storicizzati.

L'artista svizzero trapiantato in Francia Adrian Schiess (Mouans-Sartoux, Francia, 1959) conta tra gli autori svizzeri più rappresentativi del momento. Presente in moltissime manifestazioni in Svizzera, all'Estero e partecipe in passato alla Biennale di Venezia (1990) con un installazione nella Chiesa San Stae, Schiess, nella Sala del Consiglio, fa una sintesi dei concetti pittorici. Monocromi di medio-grande formato vengono posati al suolo o appoggiati ai muri, evidenziando in tale maniera un'importante lavoro di decontestualizzazione dell'oggetto dipinto, le cui superfici diventano, in considerazione del materiale usato, specchio dell'ambiente circostante. Schiess privilegia spazi espositivi a carattere storico, in cui s'impone la riflessione sulla spazialità, sullo storicismo e sulla coscienza della storia.

La luce, come contrapposizione alla notte e all'oscurantismo, di cui Palazzo Doria Spinola è senz'altro stato ed è tuttora testimone storico, è parte integrante della produzione artistica di Michel Verjux (Parigi, Francia, 1956), artista francese della penultima generazione, che propone una serie di due interventi usando fasci di luce. Le forme sono tanto semplici quanto primarie e primitive: linee, cerchi, semi cerchi. Come nel caso dell'artista Stefano Jermini, anche Verjux utilizza la luce, quale legittimazione del vedere, ma non nel senso di una bipolarità di significati e significanti, quanto piuttosto in un'accezione filosofica più razionalistica del vedere ed osservare. L'artista ha rimosso 2 arazzi settecenteschi della Sala del Consiglio per sostituirli con altrettante opere, mettendo così a confronto due epoche diverse, due stili riassunti in un unica concezione. La luce; elemento primo della creazione del mondo e della vita. 





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