WALTER DAHN, JIRI GEORG DOKOUPIL, PETER SCHUYFF
La giovane pittura tedesca, assai rapidamente invecchiata, complice il riconoscimento internazionale) dal
tempo della mostra "Mulheimer Freiheit & interessante Bilder aus Deutschland", organizzata nel 1977 da Paul
Maenz a Colonia, si affaccia - per iniziativa della galleria Chisel, una delle più solerti secondatrici
delle tendenze che godono di avalli internazionali - sulla piazza genovese.
In sordina, se così si può dire, giacché se i nomi di Walthere Dahn e Geog Jiri Dokoupil
appaiono impeccabili, meno lo sono le opere, ridotte nelle dimensioni e giocate su una banalità intrisa
d'ironia e - talora - su un simbolismo degradato a livello parodistico.
Così si presenta, all'ingresso, la figura graffita su fondo nero di Dahn, soppesando due identici (o
quasi) globi terrestri. Così, anche, i quadretti di Dokoupil, in certuni dei quali traspare in qualche
modo l'immaginario nordico (il cavallo, il serpente, la montagna) mentre in altri si manifesta una garbata ma
fredda propensione pop verso oggetti (valga per tutti la citazione di una reflex) contemporanei.
Alle due presenze tedesche si giustappone quella dello statunitense Peter Schuyff, il cui lavoro ("Blue and
Yellow", 1985) scandito da una struttura geometrica elementare - contraddetta peraltro da una pennellata
nervosamente gestuale - persegue, attraverso la simulazione di tre riflessi luminosi, una fittizia alternanza
di profondità e superficie.