CHIARA DYNYS
Con l'installazione presentata nella galleria di Claudio Ruggieri (che reca ancora, fisicamente, traccia di un precedente intervento dell'artista, una parete prolungata trasversalmente a delimitare lo spazio espositivo, conferendogli profondità) Chiara Dynys procede nella definizione del suo discorso di verifica e di messa in questione delle convenzioni artistiche contemporanee.
Nel lavoro, che consta di quattro elementi fusi in alluminio, a sezione trapezoidale, di eguale dimensione, fissati in sequenza alla parete, si enuncia non soltanto il "coerente interesse nei confronti della pittura, e in particolare della pittura monocroma" od il "gioco di trasgressioni" verso "il monocromo come icona modernista" rilevato in un testo recente da Giorgio Verzotti bensì una più radicale strategia elusiva che coinvolge l'idea stessa di pittura.
La peculiare preparazione delle superfici sembra infatti asseverare, riproducendo una sorta di patina ove affiorano tracce gestuali, una valenza pittorica di fondo che risulta di converso smentita dall'impiego di una tecnica tipicamente scultorea così come dalle modalità su cui si fonda l'allestimento.
In tal senso depone l'impianto dei volumi metallici che formano l'installazione in senso perpendicolare alla parete, con un rilievo pronunciato al punto da evidenziare non solo una radicale negazione della consueta planarità del quadro ma una marcata consistenza fisica, una pienezza oggettuale tutt'altro che illusoria sebbene suscettibile - in virtù delle fenditure praticate ai due estremi - di convertirsi in lacuna, in profondità contratta.
s.r. (1992)