Hozro: materiali sulle arti visive a Genova





ENTRAILS

In un breve volger di tempo, molte cose paiono esser mutate nella giovane scena artistica genovese. La tensione innescata da esperienze collettive come "Halley's Flash", che aveva condotto alla costruzione - invero effimera - di una sorta di circuito alternativo, sembra da qualche mese bruscamente caduta.
Se non mancano occasioni d'incontro (rammentiamo, a titolo d'esempio, la recente collettiva di artisti liguri organizzata da Giannella Darbo per l'inaugurazione del suo nuovo studio) si avverte ora la mancanza di un obiettivo comune, forse già sostanzialmente conseguito nella legittimazione fornita da manifestazioni del tipo di "Ge.Mi.To!" (Torino 1987), "Giovani Pittori in Liguria" (Genova 1987), "Fourteen Emerging Italian Artists from Liguria" (San Francisco 1988) od attraverso il generalizzato accesso al circuito delle gallerie.
Prova palese del mutamento di clima in atto può considerarsi l'iter celere e sotto taluni profili agevole dei protagonisti della nuova ricerca concettuale che di primo acchito - agevolati anche, a prescindere dalla assodata qualità del lavoro,da un esordio tempestivo - sono entrati in un tour di esposizioni che dallo Studio Leonardi e dalla Pinta è passato attraverso Milano (Diagramma/Inga Pin) e sta per toccare Bologna (Costantino, Fadda, Sossella, Tozzi allo Studio Cavalieri) e Bari (Formento con altri giovani operatori italiani allo Studio Zelig, in concomitanza con l'Expo Arte).
Alla diminuzione di fervore ha fatto tuttavia riscontro il prodursi di eventi più concentrati sulla natura dell'operare artistico quali, nell'estate, "Passione" (Anfossi, Colombara, Gelsomino, Grondona, Millefiore) e oggi, in maniera non meno marcata, "Entrails".
All'origine di questa si pone - secondo quanto riporta Emanuela De Cecco in un resoconto della genesi della vicenda - "il desiderio di una prassi creativa più libera, disincantata a sufficienza per avere la consapevolezza che con l'arte non si modifica il mondo, ma in grado di manifestare un po' di insofferenza per un sistema che per vivere è portato a pensare all'opera solo come oggetto decontestualizzato, senza alcuna collocazione reale".
Per questo i cinque promotori hanno scelto di realizzare le rispettive installazioni all'interno di un locale in Vico Vegetti che di alcuni di essi è stato per un certo periodo lo studio ed hanno invitato gli Echo Art ed i Piriform Heads a modellare sullo spazio una colonna sonora cupa ed ossessiva, quasi un'introduzione a quella sorta di descensus Averni, di esplorazione dell'origine, che il titolo (letteralmente: viscere, per traslato viscere della terra) par suggerire.
Sonia Armaniaco reitera su una serie di tele fissate a mezz'aria, di sbieco, e su pavimento l'immagine-simbolo dell'elicottero (angelo-automa che unisce la velocità di spostamento alla capacità di mantenersi indefinitamente sur place) a significare una "permanenza di tensione fra desiderio e desiderato".
Andrea Marchi (uno dei componenti dei Piriform Heads che giovedì 7 aprile daranno vita ad un intervento musicale connesso alla mostra, in Piazza delle Erbe) veicola al suolo l'energia implosa d'un agglomerato in creta rivestito di sostenza bituminosa attraverso un raccordo tubolare.
Enrico Ravera rammemora, mediante innumeri brandelli di giornale applicati alla parete, la primitiva destinazione del luogo nel quale aveva sede la Tipografia Sambolino, ponendo in atto un rituale in cui entrano feticci ricavati da detriti lignei, lastre da incisione che riflettono i toni solari del rame e quelli lunari dello zinco, profili indistinguibili, tracce di colore fluorescente scomposti ed intrecciati in un insieme ove si dà "la sollecitazione estrema delle cose per mezzo della sollecitazione esasperata del linguaggio" (Barberi Squarotti).
Stefania Rossi radica alla terra - elemento vitale - una figura acefala in rete metallica, frammentariamente rivestita di carte lacerate e bruciate, la cui ombra proiettata sulla parete investe (ed è, a sua volta, attraversata da) una serie d'immagini d'un soggetto ripreso in identica positura, modificate con interventi cromatici via via più elaborati.
Antonella Spalluto, infine, ha concentrato nei tratti che individuano sommariamente una figura umana (su sacchi di juta assemblati e tesi fra due colonne) un'intensità che si rapprende in materia, lasciando defluire sull'impiantito un rivolo di scorie.

s.r. (1988)





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