FRANCO BRUZZONE: ANTOLOGICA 1959-2006
E’ un lungo, assiduo avvicinamento ad un linguaggio puro, a quella lingua paradisiaca la cui ricerca è stata attentamente investigata da Umberto Eco, che ci propone – in termini visivi – il percorso artistico di Franco Buzzone (Altare 1934), ripreso sinteticamente nell’antologica dei lavori realizzati fra il 1959 ed il 2006 allestita in questi giorni presso la Galleria Il Poliedro (Via Vincenzo Ricci 3 – Genova).
Dalle prime prove figurative, contrassegnate da un’espressività forte e sintetica, l’autore passa – sul finire degli anni ’50 – a saggiare il nuovo linguaggio informale, in una versione organica che elabora in termini originali la lezione surrealista di maestri come Matta e Lam, entrambi presenti nello stimolante contesto albisolese del periodo.
In seguito assistiamo ad una investigazione del segno, condotta sotto l’egida nichilistica dei “Giorni felici” di Beckett: un segno spesso e intenso, fittamente intrecciato in campiture geometricamente scandite, che prelude alle strutture ritmicamente scandite, che – a partire dal 1971 – caratterizzano il lavoro di Buzzone.
“L’essenzialità del segno di Bruzzone” – osserva nell’introdurre il catalogo Germano Beringheli – “è propriamente costruttiva, ovvero non obbedisce a uno stato d’animo o a un’idea poetica bensì, per dirla con Klee, ai dati peculiari di un linguaggio, alla inventata disposizione, nello spazio, di una o più figure, di alcuni colori, valori timbrici o tonali”.
Con puntigliosa costanza l’artista è venuto poi elaborando, nell’arco di più d’un trentennio, un alfabeto di segni in cui ripetizione e variazione, il nitore del tratto e la delicatezza della sfumatura trasformano la trama visiva in partitura musicale, rivolgono la distillazione astratta delle forme in liquida mobilità dei significati. Sino a sovrapporre, nello spazio raccolto della tela, i piani discontinui dell’esperienza sensibile e della ferma concentrazione di pensiero.
s.r. (2006)