Hozro: materiali sulle arti visive a Genova





TANO FESTA

Apparso sulla scena artistica all'inizio degli anni Sessanta, insieme al gruppo di artisti (Mario Schifano, Franco Angeli, Giosetta Fioroni, Sergio Lombardo ecc.) denominato da Cesare Vivaldi "la giovane scuola di Roma", che si ritiene abbia rappresentato il versante italiano della tendenza pop, Tano Festa - scomparso il 9 gennaio scorso, all'età di 49 anni - si caratterizzava per una elaborazione pittorica di soggetti (figure riprese dal Michelangelo della Sistina; odalische ingresiane) tratte dal deposito storico dell'arte.
Questa manipolazione dell'immagine colta - perseguito attraverso l'iterazione e lo straniamento ironico - gli conferisce la veste di anticipatore delle tendenze che, negli anni '80 hanno dominato la scena artistica internazionale, più in consonanza, forse, con le posizioni della "Transavanguardia" di Achille Bonito Oliva che con le riflessioni barilliane a proposito del "recupero del museo" o le istanze "anacronistiche" propugnate da Maurizio Calvesi.
Una tale congettura è confermata dalle opere presentate nella sua ultima personale, tuttora in corso presso lo Studio Ghiglione, in cui - secondo quanto esattamente nota in catalogo Bonito Oliva - è racchiusa "la memoria stilistica di diverse identità" individuate dal critico romano in una matrice nordica (per la quale vien fatto il nome di Munch seppure l'impostazione "piatta" e quasi grottesca dei volti sembri riferirsi piuttosto ad Ensor ed in opere come "Quadro africano" (1975) traspaia un rapporto con Franz Marc) temperata da una luminosità mediterranea (Matisse?) e da un cromatismo artificiale desunto dall'esperienza dell'astrattismo americano.
Né può essere sottaciuta una componente barocca (evidente in "Ritratto di prelato", 1984) su cui si è incentrata un'esposizione tenutasi alla Tour Fromage di Aosta la scorsa estate.
È in realtà abbastanza sorprendente l'ampiezza di registro di questa pittura "capace di sfiorare molte temperature, calde e fredde, gelate ed espressive" senza omologarle in una cifra convenzionale o, per converso, palesare dislivelli e discrepanze.
Per essa Bonito Oliva, contraddicendo (sino ad un certo grado, beninteso) la sua stessa teorizzazione del "nomadismo transculturale" che spingerebbe l'artista contemporaneo verso una logica non più di negazione ma di attraversamento di ogni tendenza precedente, parla di una "sedentarietà" che la eleva ad "epicentro di collisioni" consentendole di trattenere la complessità delle stratificazioni culturali nelle gradevolezze di un'esteriorità innervata di talento.





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