L'ANTOLOGICA DI GIANNETTO FIESCHI A VILLA CROCE
Sino all'inizio del prossimo febbraio rimarrà aperta nella duplice sede di Villa Croce e di S. Agostino un'ampia antologica dell'opera di Giannetto Fieschi, artista fra i maggiori del dopoguerra, non soltanto in ambito nazionale, la cui pittura (che pur non ci risulta consentanea per una certa qual sua morbosità decadente, il compiacimento negli orpelli liturgici e nell'aneddotica religiosa) si palesa dotata di laceranti intensità e di inusitate accensioni visionarie.
Classificato nei manuali come appartenente all'ambito della cosiddetta "Nuova Figurazione", il lavoro di Fieschi riflette un intreccio d'interessi che abbraccia le suggestioni del secessionismo mitteleuropeo così come l'automatismo surrealista astratto (in specie - come nota Guido Giubbini nel saggio pubblicato in catalogo - nella versione che di esso offre Arshile Gorky). E, in filigrana, vi si può individuare anche una sorta di sperimentalismo conculcato, che affiora nell'inserimento - in più di un'opera, di elementi oggettuali, insufficienti - tuttavia - a giustificare un accostamento al New Dada, anche se considerati congiuntamente a quadri basati su riporti fotografici come "Il Leviatano" (atato 1953/55) e alle tavole collagistiche di "The Cats are hungry" (1954/55, rimaste all'epoca inedite) che appaiono, per quanto è dato di vederne in mostra, non di eccezionale interesse.
Il percorso si snoda da "Animali assetati sotto la pioggia d'estate" (1948), attraverso lavori quali (citiamo i più significativi): "Succulento pollo" (1949), "Corpus spirituale" (1951), "Il Mondo" (1951), il ciclo della "Via Crucis" (quasi interamente dipinto nel 1952), "La Strage degli Innocui" (1954), "Dall'alto del patibolo Antonio Lorenzo Lavoisier dimostra e proclama l'indistruttibilità della materia" (1964), sorta di grande crocifissione laica, "Lo spazio degli amanti" (1967), "Cani azzurri (dal ciclo "Il Pericolo", 1973/78), sino al 1986, registrando una certa caduta di tensione (peraltro negata in catalogo da Rossana Bossaglia) soltanto nel periodo più recente.
Fra le note sfavorevoli, l'allestimento nel chiostro triangolare si S. Agostino, troppo fitto, e le orrende transenne poste attorno alla scultura antistante l'ingresso di Villa Croce.
Nel catalogo Mazzotta sono riportati i saggi degli studiosi già citati (si vocifera peraltro che dovesse scrivere per questa mostra anche Antonio Del Guercio), schede delle opere a cura di Sandro Solimano e numerose riproduzioni a colori ed in bianco e nero realizzate dallo Studio Carrara e Verace.
s.r. (1987)
GIANNETTO FIESCHI
In temporanea fuga da Genova matrigna (cui imputa, fra l'altro, di non avergli affidata alcuna fra le opere d'abbellimento del Carlo Felice) Giannetto Fieschi approda a Sanremo con una mostra - patrocinata, oltre che dal Comune, dalla Promotrice di Belle Arti della Liguria - che prefigura, in parte almeno, il nucleo d'opere che il settantacinquenne artista intende destinare alla costituenda pinacoteca della città rivierasca.
Una donazione che farebbe seguito a quelle già compiute in favore del Museo di San Gimignano e della Fondazione Stauros di San Gabriele dell'Addolorata, presso Teramo, nella quale ultima è stato incluso il famoso dipinto "Dall'alto del patibolo A.L. Lavoisier dimostra e proclama l'indistruttibilità della materia" (1964), interpretato al suo primo comparire come una sorta di crocefissione laica.
Con Sanremo non sono stati assunti ancora impegni definitivi. Soltanto ora, infatti, sta prendendo corpo l'idea di un Palazzo della Cultura (da situare nell'ex mercato dei fiori ovvero nel forte di Santa Tecla da cui presto verrà trasferito il carcere) ma - dopo l'esito negativo dei contatti avviati, secondo alcuni, già dalla scorsa estate con le istituzioni del capoluogo ligure - sembra consolidarsi la probabilità che una parte ragguardevole dell'opera fieschiana finisca con il migrare nel Ponente.
Al di là dell'ipotesi di acquisizione patrimoniale, l'antologica allestita nel Palazzo Borea d'Olmo - che fa seguito a quelle tenute nel 1986/87 a Villa Croce e la scorsa primavera a Finale Ligure - segnala una significativa apertura all'arte contemporanea da parte di un'amministrazione che aveva sinora prodotto iniziative legate al secolo scorso (come la rassegna, allestita da Fulvio Cervini, su Pasquale Ricca) o, con la riproposta della figura di Antonio Rubino, al primo Novecento.
Nelle sale del Museo Civico sono raccolte più di quaranta opere pittoriche dell'autore genovese. L'allestimento risente, in misura marcata, delle limitazioni imposte dalla sede, che hanno impedito di articolare il percorso su basi cronologiche. Nondimeno, l'impatto della mostra non risulta pregiudicato: al contrario, la commistione di lavori eseguiti in epoche differenti testimonia la tenuta alla distanza - oltre l'oblio della Nuova Figurazione di cui fu involontario capofila - di quello che Crispolti nel 1964 definiva il "visionarismo apocalittico" di Fieschi, "fra soluzioni di figurazione simbolica prossime al Surrealismo ed altre ove ugualmente l'elemento di ponderazione quasi materiale e carnale delle cose è determinante".
Le sue ascendenze pittoriche si confermano, secondo osservazioni formulate nei primi anni '60, immediatamente dopo il rientro dal doppio soggiorno negli Stati Uniti, in ambiti prossimi al Surrealismo, come già detto, ed alla Secessione viennese (è ancora Crispolti a parlare, con pertinenza, di Schiele) assai più che ad un pittore come Klee, con cui Fieschi racconta d'essersi incontrato undicenne, nel corso d'una vacanza in Stiria.
Non è invece documentato quel versante dell'opera fieschiana (costituito dai collages del volume "Cats are hungry", 1953-55, e dal ciclo "Il Leviatano", del medesimo periodo) che si usa indicare come precorritore dell'arte Pop, mentre va - più propriamente - ricondotto, secondo Francesco Arcangeli, "alla lotta, ancipite, e sotto il segno di una mistica simbologia, tra la precisazione dell'oggetto e il suo spessore secondo i sensi".
Fra le opere pi antiche sono esposte "Infanzie frenetiche" (1943), dove l'artista ventiduenne, riproduceva l'incubo - narratogli del padre medico - di una bambina ossessionata dalle farfalle ed il bellissimo "Animali assetati sotto la pioggia d'estate" (1948), che Sandra Solimano colloca "nell'ambito di quell'informale materico che proprio in quegli anni si sviluppa a livello internazionale (si pensi al Fautrier degli anni Quaranta, allo stesso Dubuffet...)", ove le figure cedono il posto alla sensazione d'afa, allo stillare sommesso della pioggia.
Al decennio successivo appartiene invece il "Minotauro nel labirinto" (1965), nel quale Fieschi ha delineato la figura mostruosa del mito cretese immobile in un dedalo di vie spezzate cos efficacemente da stimolare un pittore tutt'altro che visionario come Guttuso a cimentarsi con lo stesso tema in un quadro che don poi al maestro ligure.
Di poco anteriore un altro fra i pezzi clou della rassegna, il "Garibaldi nella palude", dove cielo e spazio lacustre, pur senza toccarsi, sembrano comprimersi vicendevolmente e la figura china di Garibaldi scompare sotto il corpo inerte di Anita, rovesciato come su un catafalco od un altare.
Ma il centro della mostra è rappresentato, anche fisicamente, dal ciclo de "Il pericolo", costituito da sette quadri ultimati fra il 1973 ed il 1978. Qui Fieschi attinge una cadenza propriamente narrativa, dipingendo un apologo nel quale è da un gruppo di cani, idealmente deputati a garantire la sicurezza, che scaturisce la violenza verso quanti in essi hanno posto fiducia (l'anziana coppia dei padroni, che finisce sbranata).
Vicenda amara, espressivamente concitata quanto la "Via Crucis" eseguita nel '52 a Parigi (e qui non presente) appariva composta, schermata dietro parvenze astratte. Vicenda che sembra precorrere - tragicamente, senza catarsi - più che certe modalità della letteratura o del cinema splatterpunk gli orrori autentici con cui oggi nuovamente la realt sopraff l'immaginazione.
s.r. (1996)
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GIANNETTO FIESCHI IN UNA MONOGRAFIA DI ENRICO CRISPOLTI
Dai fasti del Siglo de los Genoveses a quelli dell'arte contemporanea: lunedì, per un giorno il Salone del Maggior Consiglio ha abbandonato la funzione espositiva riservatagli in questo scorcio di stagione per divenire sede dell'affollata presentazione, ad opera di Enrico Crispolti, Gian Paolo Boetti ed Umberto Silva, del volume che la Banca Carige e la Fondazione Cassa di Risparmio di Genova e Imperia hanno dedicato ad una delle figure maggiori della pittura novecentesca, il genovese Giannetto Fieschi, un evento che l'artista ha argutamente paragonato ad un'effimera occupazione della residenza dei Dogi, compiuta senza congiure e sommosse, armato solo di colori e pennello.
Pur nella sua eccezionalità, questo omaggio non costituisce comunque un fatto isolato. Nel censimento dell'arte che da lunghi anni la Banca Carige persegue attraverso i suoi libri strenna, ai riferimenti classici (ultima la raccolta di studi sulla pittura del Cinquecento in Liguria, a cura di Elena Parma, pubblicata anch'esso sul finire dello scorso anno) si è infatti accostato negli ultimi tempi un filone incentrato su sviluppi prossimi all'attualità e sull'opera di artisti viventi, di cui la monografia fieschiana realizzata dalla Arti Grafiche Amilcare Pizzi costituisce la manifestazione più recente.
Affidata ad uno studioso della statura di Enrico Crispolti, autore di numerosi contributi critici sul pittore genovese a partire dagli anni '60, l'impresa di ricostruire "la singolarità storica della personalità di Fieschi", come recita il sottotitolo del capitolo introduttivo, si dispiega attraverso numerose stazioni suddivise in due sequenze: la prima ordinata intorno alla formazione, compiuta negli anni successivi alla conclusione del secondo conflitto mondiale, ed alla poetica dell'autore; la seconda invece concernente i principali cicli pittorici, dalla Via Crucis ai grandi dipinti di ispirazione civile esposti alla Biennale veneziana del 1964, e dal Pericolo (1973/77) agli esiti maggiori dello scorso decennio, fra cui si annoverano le prove scultoree per il monumento a Santa Caterina Fieschi Adorno.
Tra le componenti della cultura figurativa di Fieschi, Crispolti segnala, riprendendo indicazioni originariamente formulate da Francesco Arcangeli e dall'artista stesso, l'incidenza "del secessionismo più drammatico e ambiguo, fra Vienna e Monaco", con riferimento a Schiele, più che a Klimt o Kokoschka, senza dimenticare "il Mirò surrealista creativo … immaginativamente topologico" e il modernismo pervaso da afflati mistici di Gaudì.
Nonostante la riconoscibilità di queste connessioni la personalità creativa di Fieschi si dispiega in "una navigazione orientata interamente in proprio" per approdare ad un "visionario originalissimo espressionismo esistenziale", nel quale non prevalgono aspetti di immediatezza gestuale (secondo l'artista "la soggettività vera non è momentanea") ma la considerazione della forma come strumento comunicativo articolato, atto a trasmettere "sotto la specie, insieme concettuale e tecnica del dipingere" un'esperienza cognitiva.
Secondo formule coniate dall'artista la sua poetica si determina in una "epistemologia perseguita per il tramite dello stile", ove la pittura "non è una grazia estetica, ma una moralità espressa in forma plastica".
Una simile impostazione si invera già nella sequenza della Via Crucis, realizzato a Parigi fra il 1951 ed il 1953, ora al Museo Stauros di Arte Sacra Contemporanea a San Gabriele. Alla Via Crucis appunto viene riconosciuta nel volume un particolare rilievo. Se ne evidenzia la rarefatta tensione fra atmosfera simbolica e oggetti d'uso quotidiano, i sensitivi accostamenti di forme disposte quasi a galleggiare nello spazio del quadro o a segnarne la superficie con tratti filiformi, le colature che invadono forme geometrizzanti, grazie a cui vengono aggirate insieme la misura dell'astrazione classica, dell'informale e della rappresentazione realistica e l'artista giunge a far "intravedere anticipazioni di quelle mozioni di figurazione nuova" che prenderanno piede in Europa agli inizi degli anni '60.
Di questa corrente, alternativa alla declinazione ironica dell'arte Pop, pur tenendo fermo il proprio atteggiamento indipendente, critico verso l'"autoritarismo" delle avanguardie, Fieschi si conferma personalità centrale con i dipinti presentati alla Biennale del '64, in particolare con il grande lavoro (oltre quattro metri per cinque) intitolato Dall'alto del patibolo Antonio Lorenzo Lavoisier dimostra e proclama l'indistruttibilità della materia, sorta di "monumentale crocifissione laica" in cui la figura attinge, attraverso tratti dilatati e irrigiditi a un tempo, una valenza pressoché totemica.
L'esaurimento della vicenda storica della "Nuova Figurazione" alle soglie degli anni '70 non incide sulla forza propositiva dell'opera fieschiana che proprio in quel torno di tempo coglie, con il ciclo del Pericolo, uno dei suoi vertici, attualmente presso la Galleria Comunale d'Arte Contemporanea di San Gimignano. Crispolti vi si sofferma per rilevare "la densità iconico-narrativa avvincente" che - muovendo da una circostanza drammatica ma ordinaria, una coppia azzannata da un branco di cani - riesce a trasporla su un piano metafisico, ove l'incombere e l'esplodere dell'aggressione, scanditi da un "montaggio" incalzante, divengono emblemi della catastrofe umana. Una catastrofe che Fieschi, in talune fra le opere più recenti, rinviene nella dimensione corporale, afflitta in Gerontofilia e inanità (1990), dal disfacimento fisico progressivo, che mina, oltre alla sfera erotica, la stessa personalità dell'individuo, riducendolo ad una maschera sgretolata dal tempo. Esito estremo per i suoi tratti di lucidità assoluta, non mitigata, al quale va riconosciuta anche una dimensione di ulteriore rinnovamento formale: "un figurare di stesura larga, fluente, baroccheggiante nella sua espressionistica 'insolenza empatica'" che, nel suo espandersi, "sovrasta ogni impianto disegnativo".
s.r. (febbraio 2000)
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