Hozro: materiali sulle arti visive a Genova






VITA MUSICALE CONTEMPORANEA A FIRENZE

Nel panorama artistico di un passato ancora relativamente prossimo, le tendenze in atto alle soglie degli anni '60 possono sembrare - oggi - persino più aggrovigliate di quanto non apparissero all'epoca dei loro svolgimenti. Questo dipende, in parte, dall'aspirazione all'interdisciplinarità (fra poesia e musica, musica e immagine, immagine e poesia, o magari fra segno, gesto, concetto ed evento) che rimane una delle caratteristiche salienti di quel tempo. Ma, e forse più, dalla compresenza, nelle nuove aree d'intervento individuate, di linee di ascendenza diversa, quando non contrapposta, e con livelli di maturazione differenti. E' il caso, già analizzato ampiamente, della poesia visuale, dove la corrente concreta, nella sua parabola discendente, incrocia le opzioni interlinguistiche ed analitiche obertiane, la variantistica scritturale di "Tool" e il new-dada tecnologico, volto a realizzare una sorta di spiazzamento critico delle comunicazioni di massa. E' il caso, anche, di un versante non secondario dell'arte tout court visiva, dove il meccanicismo cinetico passa il testimone alle prime sperimentazioni elettroniche ed all'utilizzo straniato di materiali anti-estetici da parte degli esponenti dell'arte povera.
A ricordarci che un breve scarto, un'anticipazione non troppo marcata ma avvertibile, in questo senso, è venuta - almeno in Italia - oltre che dagli sviluppi concettuali di Azimuth e dai sondaggi policentrici di "Ana etcetera" - dalla scena musicale fiorentina è una mostra, organizzata dal Circolo Il Gabbiano di La Spezia e dalla galleria Leonardi V-idea di Genova, con il supporto della Provincia di Genova, incentrata sulla attività della associazione "Vita Musicale Contemporanea", sorta nel 1960 per iniziativa di personaggi come Pietro Grossi, che ne fu il direttore artistico, di Giuseppe Chiari e, fra gli altri, di un fisico, Giuliano Toraldo di Francia, che ne fu il presidente.
Nel catalogo i testi di Mara Borzone e di Enrico Pedrini ricostruiscono storicamente la vicenda (protrattasi sino al 1967) dell'associazione - primo momento di un’esplosione artistica che a Firenze coinvolgerà gli ambiti della poesia visiva (con il “Gruppo 70”) e dell’architettura (con i cosiddetti gruppi radicali, Superstudio, Archizoom, U.F.O. ecc.) - collocandone gli svolgimenti in un contesto di valenza paradigmatica, connesso, in particolare ad opera di Pedrini, a talune componenti scientifiche dell'arte rinascimentale fiorentina (dalla "cabala numerica” di Leon Battista Alberti alla "matematica prospettica” di Paolo Uccello) ed allo scompaginamento epistemologico introdotto, nel nostro secolo, dal "principio di indeterminazione” teorizzato da Heisenberg.
Di fatto, nell'avventura di “Vita musicale contemporanea” si manifestano componenti che prefigurano, esemplarmente articolato fra la ricerca di antecedenti storici e l’attenzione alle nuove insorgenze, lo schema di svolgimento delle esperienze più rilevanti degli anni '60. Nelle iniziative delle prime stagioni accanto al recupero delle avanguardie storiche attuato con la presentazione di opere di maestri del primo Novecento, come Strawinsky, Schoenberg, Berg, Hindemith, Webern, figurano infatti inclusi - a documentare le esperienze cardine del decennio precedente - brani di musica concreta e composizioni elettroniche. A questi due filoni originari a partire dal 1962 si affianca l’attenzione per l’emergente, eterodossa riflessione sulla musicalità coltivata da Fluxus.
In seguito, mentre Grossi prosegue le ricerche nell’ambito elettronico con la fondazione (1963) dello Studio Fonologico di Firenze, passando poi (1967) ad esperienze di computer music per elaborare in ultimo (1991) l’Homebook, “un’editoria personalizzata, realizzata con programmi che assicurano l’unicità grafica di ciascuna opera”, Bussotti - che era entrato in contatto con Cage sin dal 1959, a Darmstadt, - e Chiari si collocano sul versante Fluxus, promuovendo manifestazioni tese a rimarcare i risvolti visivi della notazione o della "grafia musicale", come la mostra "Musica e segno" allestita nel 1962 presso la Galleria Numero di Roma, con lavori, fra gli altri, di Feldman, Cage, Berio, Higgins, La Monte Young, Maciunas, Paik, Rzewski e Schnebel.
La mostra presentata al Gabbiano e da Leonardi V-idea raccoglie una serie di "diagrammi musicali" di Grossi, Bussotti e Chiari che Mara Borzone indica come i prototipi di quegli “spartiti d’artista” per i quali oggi “si può parlare di tendenza, o di settore, o di ambito espressivo”. I lavori restituiscono tre approcci nettamente differenziati: l’approccio scientifico di Grossi, le grafie sottili e sorprendenti di Bussotti, la diversione di Chiari che, catalogando i “gesti sul piano”, inizia a muoversi al di là della “idea di suono in senso stretto”.
Particolarmente significativa appare tuttavia la convergenza che, pur muovendo da presupposti difformi, autori come Grossi e Chiari evidenziano. Il concetto di Homeart elaborato da Grossi negli anni ’80, “arte creata da e per sé stessi, estemporanea, effimera, oltre il giudizio altrui” rivela una disposizione di fondo prossima all’atteggiamento che Chiari sintetizza scrivendo: “Abbiamo mezzi di riproduzione e diffusione che mai ci saremmo immaginati. Che questi mezzi portino la quantità. Qualsiasi musica. (...) Tutto può essere bello”.

s.r. (1998)





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