CEAL FLOYER
9 settembre 2000 h.18 - visibile sino al 24 Ottobre
Conferenza Pubblica 8 settembre h.18 (Centro Creatività, Palazzo Ducale)
Per essere il più aderente possibile, un testo su Ceal Floyer dovrebbe contenere
tre parole, al massimo quattro, ma trovare queste parole è quasi impossibile.
Di fatto tutti i testi circa il lavoro di Ceal Floyer sono una descrizione dei
lavori stessi, il suo atomismo formale e concettuale trasforma ogni tentativo
di spiegazione in una patetica appendice.
Il lavoro di Ceal è un po’ come chiedere a qualcuno che sta mangiando qualcosa
di inequivocabilmente caldo e salato: “com’è quello che stai mangiando?” e
questo risponde semplicemente: “caldo e salato.”, facendoti saltare i nervi.
ll lavoro di Ceal si attua in una proposizione così precisa, essenziale e dotata
di senso secondo le proprietà della logica che, schiantandosi contro la realtà,
si tramuta in paradosso, perde il significato.
Il discorso formalmente perfetto di Ceal gioca scetticamente a distruggere ogni
artefatto che ha la presunzione di inerire alle cose, al mondo che accade. Ceal
attenta all’idea stessa di rappresentazione che è alla base di ogni principio
di conoscenza umana: sembra dirci che sono le nostre intenzioni e i nostri
desideri a conferire ai segni, alle immagini, ai suoni il loro significato, ma
il mondo, ammesso che sia, è assolutamente indipendente dalle nostre
preoccupazioni.
Per Ceal essere è percepire e ce lo dimostra con la sua intelligenza feroce, destabilizzante,
ma poi si riscatta regalandoci qualcosa che assomiglia alla bellezza e forse
anche alla poesia anche se si tratta di fatto solo di uno scontrino illuminato
dal titolo Monochrome Till Receipt (White) semplicemente perché le cose
acquistate erano tutte bianche; o di un secchio che sembra raccogliere lo
stillicidio reale di un soffitto e invece contiene solo un lettore cd che produce
il suono della goccia d’acqua, Bucket; o delle macchie di inchiostro
colorato su carta Ink on Paper.
Ceal manipola l’immaginazione evocando presenze
inesistenti semplicemente con un raggio di luce proiettato nella fessura sotto
a una porta, Door.
Il suo gioco è costruito da pochissimi elementi che domina.
Viene infine da dire rischiando di apparire antidemocratici che Ceal non è un’artista
per tutti: per amarla bisogna capirla, ma per capirla bisogna accettarla come
si accetta un bambino dal carattere impossibile.
Ceal Floyer (1968 Karachi, Pakistan) vive e lavora a Londra. Presente alla mostra
Mirror's Edge ad Umea in Svezia, curata da Okwui Enwezor (direttore dell'11
edizione di Documenta), visibile al Castello di Rivoli il prossimo ottobre.
Personale nel 1999 alla Kunsthalle di Berna.
(dal
comunicato stampa)
Ceal Floyer, Door
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