PIERO GILARDI: ACQUAVIRTUALE
Non si è tradotto in "terrore", contrariamente all'auspicio
formulato da Germano Celant, e neppure in una metaforica "guerriglia" contro
il sistema dell'arte ma (più pacificamente) nell'apertura di nuovi campi di
ricerca, il "recupero del libero progettarsi" che il critico genovese notava -
presentando nel 1967 la prima rassegna dell'Arte Povera alla Galleria La
Bertesca - nei progetti di artisti come Boetti, Zorio, Fabro, Gilardi, Prini,
Merz, Kounellis, Paolini, Pascali e Pistoletto.
Scomparsi alcuni fra questi, come Pascali e Boetti, canonizzati altri, come
Paolini e Merz, attraverso una progressiva stilizzazione; oggetto di domestico
oblio altri ancora (Emilio Prini, il più rimarchevole assente dalla mostra
incentrata sulle pubbliche collezioni d'arte genovese in corso a Villa Croce),
rimangono comunque figure che mantengono, attraverso la testimonianza di vita,
l'opera e la riflessione teorica, la funzione di stimolo assunta più di
trent'anni fa'. A rappresentarle, meglio d'ogni altro, è Piero Gilardi, che -
dopo aver anticipato nella sua prima personale tenuta alla Galleria Sperone di
Torino nel 1966 il trapasso fra la Pop Art e l'Arte Povera, mettendo a fuoco,
nei suoi iperreali "Tappeti-natura" in poliuretano espanso, una situazione
paradossale, dove la raffigurazione del dato di natura passa attraverso
l'artificialità dei materiali e delle tecniche - ha abbandonato per più d'un
decennio il circuito espositivo tradizionale per per dedicarsi ad un'esperienza
trans-culturale, volta a ricongiungere l'arte alla vita. In quel periodo
Gilardi si è impegnato nella contestazione dei manicomi, ha lavorato con gruppi
giovanili, ha instaurato rapporti con popolazioni indigene dell'America Latina
e dell'Africa, alla ricerca di nuove forme di creatività collettiva. Un
elemento, questo, che continua a caratterizzare la sua attività anche dopo il
ritorno al mondo artistico, avvenuto nel 1981, con ricerche orientate sul
versante delle nuove tecnologie proprio in ragione delle possibilità
interattive ch'esse offrono.
L'articolazione complessa del lavoro dell'autore torinese si riflette in una
serie di iniziative che lo vedono coinvolto a Genova, nella giornata di giovedì
primo febbraio: un incontro con il pubblico a proposito di "Arte e nuove
tecnologie" al Cafè Mentelocale, la presentazione del volume "Not for sale.
Alla ricerca dell'arte relazionale" edito sul finire dello scorso anno da
Mazzotta e l'inaugurazione di un'ampia personale nelle due sedi della
Galleria Il Vicolo in salita Pollaiuoli.
Al centro della rassegna una nuova sequenza di opere sul tema dell'acqua,
evocato attraverso frammenti di spiaggia, minuziosamente simulati, ed una
installazione, "Liquid breath" (realizzata in collaborazione con Riccardo
Colella), in cui una cascata virtuale, proiettata da un apparato audiovisivo
computerizzato si riversa su un agglomerato di tronchi. Non è però nell'esito
visivo, per quanto intenso, che si esaurisce l'intento dell'artista.
La sua attenzione si concentra sull'interfaccia bionica installata in una
cintura che, indossata dal visitatore, regola il getto della cascata (e il suono)
sul ritmo del suo respiro.
Un'esperienza forte sotto il profilo emotivo, anche se ancora "programmata". Ma
l'obiettivo, individuato dall'artista in "una dimensione virtuale che esprima
plurime potenzialità di modificazione del reale", è ormai a portata di mano.
s.r. (febbraio 2001)