Hozro: materiali sulle arti visive a Genova





LUIGI GRANDE

"La pittura di Luigi Grande - annota il suo maggior interprete, Vico Faggi, in un testo del 1984 - sin dalle prime mostre (che risalgono alla metà degli anni sessanta), procede entro il solco di una stretta coerenza che non gli vieta peraltro, ed anzi favorisce, variazioni ed approfondimenti".
Nel riferimento costante alla figura - cui è sottesa una partecipazione emotiva alla vicenda umana espressa anche in opere d'impegno civile come il dipinto per la pace realizzato per la Biblioteca "Rocca" e il Monumento alla Resistenza di Lavagna - l'artista ricerca, com'egli stesso dice, "una sorta di mediazione sensibile tra le cose viventi e noi stessi" che si riflette da un lato sulla persona o sulla scena rappresentata, nel confronto con "le zone oscure e i misteri dell'oggetto e dell'evento da svelare", dall'altro sull'autore stesso, nel quale opera "una dilatazione dell'interiorità".
Il percorso lungo il quale è venuto precisandosi l'intento di dar forma alla "continuità del vivente" ha il suo punto di partenza nell'assimilazione della lezione espressionista, mutuata in specie dagli esempi di Munch e di Kokoschka.
A questo substrato - che marca la prima fase, d'impegno ideologico, della produzione di Grande, per riemergere in seguito con accenti più maturi e complessi - nella seconda metà degli anni '60 l'artista oppone una cadenza fredda, in cui le fattezze dell'immagine tecnologica, puntigliosamente riprodotte, si scontrano con l'elemento destabilizzante rappresentato dall'animalità, come accade nel dipinto Scimmia nell'interno e lavatrice (1969).
Nel decennio successivo, con il ciclo dedicato agli Indiani d'America, la traccia fotografica diviene spunto d'una pittura ove la "corrosione del colore indica la violenza del tempo" mentre la "gestualità informale" tradotta in "segni ed abrasioni . rappresenta la violenza subita dagli uomini e dalle loro immagini".
Lungo il corso degli anni '80, nell'opera di Grande s'afferma una componente luministica che talvolta assume una funzione strutturante, definendo i contorni della figura (è il caso di Indiano a cavallo, 1984), ma più spesso invade l'intero dipinto, introducendovi "una vibrazione, come uno sdoppiamento che permette di accedere alla profondità di un territorio" situato "subito al di là della superficie" (G. Seveso).
Nei ritratti e nei nudi femminili che costituiscono - insieme a scorci di paesaggio - il nucleo del lavoro più recente, emerge appieno la forzaplastica del segno-colore.
"Più densa è la pennellata - scrive Maria Teresa Orengo - , maggiore è il suo penetrare in un personaggio o in un ambiente: è la materia stessa che, creando sulla tela passaggi di livello e di luce, giunge a rendere più vibrante il messaggio del pittore."
Ma - come nota la stessa Orengo - benché sollecitato dall'urgenza espressiva il tratto pittorico si fa portatore d'un intento di conoscenza, di una volontà di procedere oltre la rappresentazione verso un'autenticità intuita, "unendo così ad un messaggio emotivo una resa insieme costruttiva e analitica delle forme".

s.r. (1995)





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