Hozro: materiali sulle arti visive a Genova



 

 

INTERFERENZE

(LAGGETTA, DI VINCI, MERANI, GRATTAROLA)

 

Non porta niente, asporta molto, trasporta tutto: si potrebbe utilizzare a proposito della pittura - così come della scultura o delle (relativamente) nuove espressioni video e d'ambiente - questa frase paradossale di Lyotard, per accennare ad una condizione che solo qualche anno fa' si sarebbe detta postmoderna ed attende ora d'essere ribattezzata, ove la "funzione integratrice dell'arte, la possibilità di comunicare fuori dalle modalità costituite dal linguaggio e dall'attività pratica, è scomparsa" ma si è fatto luogo, nel contempo, ad un processo di estetizzazione pervasivo di ambiti un tempo indifferenti alle dinamiche della seduzione e dello spettacolo.

Trasporta tutto: una constatazione che può apparire obiettiva, concentrando l'attenzione sulla sequenza incalzante dei giochi praticati nell'arte degli anni più recenti. Giochi di citazione (analoghi, d'altronde, a quelli che si dispiegano in questo scritto), giochi di rappresentazione, di ripetizione, di decorazione, di esibizione, di tautologia. Gli stessi di sempre, o se non altro dei secoli più recenti, che però - caduto il velo frapposto dall'imperativo d'innovare - esibiscono in talune delle loro versioni aggiornate un eccesso di meccanicismo, indotto dalla convinzione dell'autosufficienza del dispositivo e dell'onnipotenza del marketing.

Se questo dato permane sullo sfondo, come tentazione e come possibile pietra d'inciampo dell'arte contemporanea (e non solo nei revivals di stampo transavanguardistico od anacronistico ma in certo neo-oggettualismo americano, apparentemente più spregiudicato, o nel foto/video citazionismo alla Cindy Sherman o alla Douglas Gordon), farne il dato cruciale della situazione odierna equivarrebbe ad incorrere nella stessa sommarietà che si assume di riconoscere in certe sue componenti.

L'esaurimento della spinta trasgressiva e/o sperimentale che, nell'insieme, aveva caratterizzato il tempo delle avanguardie, ha dischiuso e quindi lasciato libero il campo ad uno spazio caratterizzato dalle possibilità d'interferenza. 

Nel rapporto fra l'artista e la storia dell'arte, il modello dell'interferenza (termine che racchiude uno spettro ampio di significati ma che viene qui assunto nella variante linguistica) fa cadere la l'unicità del riferimento, instaura il plurilinguismo come opportunità creativa. Dilata, nell'opera, l'ambito di coesistenza di linguaggi diversi, connettendoli non più secondo lo schema del reciproco spiazzamento ma in forme labirintiche od estese a rete.  Fonda la relazione con quello che era lo spettatore come costitutiva del processo, accogliendone il misunderstanding come accrescimento del disegno originario. Induce un dialogo sempre più serrato con l'ambiente.

Si tratta, è chiaro, di una ipotesi che necessita di più ampia discussione. Ma per quanto, nella specie, concerne la mostra "Four", il cui sottotitolo rimanda appunto alla sfera dell'interferenza, possiamo notare come quest'idea operi già all'interno dell'approccio caratteristico di ogni singolo artista. Così nei lavori di Roberto Merani lo spazio e la gestualità pittorica interagiscono con il dato figurativo dell'immagine fotografica che costituisce il supporto, determinando uno scarto del paesaggio verso una dimensione visionaria.  Riccardo Laggetta sembra associare, invece, il tratto brutale dei graffiti metropolitani con le cadenze sinuose proprie della calligrafia araba, attraverso una stesura impulsiva e giocata su improvvisi trapassi chiaroscurali. Lino Di Vinci impiega un linguaggio segnico di ascendenza surrealista per la realizzazione di una sorta di straordinaria bande dessinée sul tema della metamorfosi, dove tracce incisive fissano su campi di quieta luminosità i contorni di figure allo stato nascente. Stefano Grattarola innesta nelle sue sculture, modellate in forme biomorfe, materiali inusuali, come il silicone, od inquietanti, quali chiodi o ferri appuntiti, puntando nel contempo - come ha osservato Morando Morandini - "ad una sperimentazione ... dove la dimensione volumetrica tende a convivere con una bidimensionalità di timbro pittorico".

Quest'ultima duplice inclinazione del lavoro di Grattarola introduce ad un'altro ambito d'interferenza che si disegna all'interno della mostra, fra autore e autore, fra opera e opera, stabilendo un fascio di accostamenti e differenze. Vicini per il rilievo attribuito al segno pittorico, Laggetta e Merani si discostano nettamente, come già s'è visto, negli esiti formali. Analogamente, la propensione per gli andamenti biomorfici approssima Grattarola e Di Vinci, le cui intenzionalità risultano invece fra loro remote,  gravitando quella del primo attorno al polo della natura primigenia laddove il secondo si muove lungo un orizzonte di perpetua evoluzione. Molte altre linee di contatto e di opposizione verranno a delinearsi nella concretezza dell'allestimento. Che diverrà lo scenario di un'ulteriore interferenza: quella apportata da coloro che alla mostra prenderanno parte guardando, dialogando con le opere e gli artisti, creando riflessioni e nuovi significati.

 

s.r. (novembre 1999)

Dal catalogo della mostra "Interferenze"
Galleria Bersani, Finale Ligure, dicembre 1999 - gennaio 2000





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