BERTRAND LAVIER
A poco meno di tre anni di distanza dalla sua prima personale a Genova (anche questa presentata dalla
galleria Locus Solus, di Vittorio Dapelo e Uberta Sannazaro), Bertrand Lavier propone un'installazione in
cui l'assoluta linearità della concezione si mostra presupposto di efficacia.
Un proiettore (insonoro) manda su una parete l'immagine di uno schermo televisivo (disturbato). Al centro,
un televisore mostra la parvenza di una radio portatile, diffondendone la musica. Infondo, un registratore
emette il suono tipico delle macchine da proiezione cinematografica.
In questo modulo tripolare lo spiazzamento che deriva dallo scambio di funzioni è architettato con la
lucidità fredda ma non cervellotica che sembra costituire il carattere essenziale delle mosse di Lavier, in
apparenza eclettiche (spazianti dai "travisamenti di oggetti" coperti, a pennellate larghe, d'una vernice
spessa, ai quadri astratti ricavati da ingrandimenti fotografici di vignette di Topolino; dagli oggetti
che mediante la semplice sovrapposizione assumono impreviste valenze di senso o configurazioni antropomorfe
all'esposizione di pezzi dipinti da artisti "della domenica") ma in realtà contrassegnate da un medesimo
procedimento di de/ e ri/contestualizzazione praticato - senza grevità - in uno spirito di esattezza
cartesiana che si applica ad una sperimentazione fondata su strappi intuitivi perpetrati alla periferia
del sistema logico, con i suoi stessi strumenti.
s.r. (1987)