Hozro: materiali sulle arti visive a Genova





MARCO LOCCI

Una vena argutamente fantastica attraverso l'opera di Marco Locci, sin dalle prove inaugurali dei primi anni '70, quando - studente di Architettura - realizzava una serie di quadri in cui riproduceva, con puntinismo minuzioso, a smalto, facciate e e costruzioni destinate a svariare quasi immediatamente in direzione surreale, come attesta Castelli morbidi, un dipinto nel quale gli erti pilastri di due severi edifici si trasformano senza soluzione di continuit in sentieri digradanti a valle contornati di cespugli d'un verde innaturale.
Negli anni successivi Locci passa ad utilizzare materiali di recupero (lamiere rugginose, carrozzerie d'automobile) che piega tuttavia ad un fine ludico.
Nel 1976 partecipa, con Piero Migliorisi ed altri, alla creazione del Gruppo MILOTO, con cui produce il ciclo delle Ipotesi di volo, realizzando performances, documenti fotografici, modelli di macchine volanti che in seguito (1983), ulteriormente elaborate, entreranno nelle illustrazioni dei racconti dedicati al popolo lillipuziano (o, più esattamente, formichesco) dei Patanchi, che "esistono da sempre, non fanno ombra" ed hanno la caratteristica di non essere mai, in qualunque circostanza, meno o più di quanti servano.
Tiene alla galleria d'Arte Moderna di Portofino, nel 1979, una personale intitolata Dalle parole ai fatti, esponendo - in una prima sezione - lavori in cui la scrittura "tracciata a velocità crescente" si trasforma in segno grafico ma conserva la sua identità comunicativa trasformandosi in "vera e propria espressione visuale" della cosa o del concetto implicati "dal pensare la parola, o meglio, dall'averla pensata" e - nella seconda - opere in cui la retorica delle "frasi quotidiane ... snaturate dal troppo uso" (quali, ad esempio, "le forze dell'ordine stanno svolgendo le indagini del caso") viene associata e ,nel contempo, contrapposta alla retorica dell'espressione artistica, riferita all'"ingiallito paesaggetto banale" che "in corriera ti oscilla davanti agli occhi".
Successivamente (1980-82) Locci espone a Milano, presso la galleria Cenobio Visualità ed a Roma, alla Jartrakor, lavori ispirati ad una concettualità ironicamente tautologica, come la sequenza dipinto ad olio su tela - tela su dipinto ad olio - olio su tela (1981), dove ogni fase risulta letteralmente eseguita, o Mio - Dio - sto - diventando - cieco! (1982), un'altra serie di cinque paesaggi velati da un sempre maggior spessore di garze, sino a scomparire.
Alla metà degli anni '80 l'interesse per il mare, documentato da una serie di mostre ricche di citazioni letterarie e visive tenute al Castello di Rapallo (Di navi nere e di navi bianche; Passaggi di Capo Horn, ove si ipotizzano i doppiaggi del celebre capo da parte di un Magritte rappresentato dalla tipica bombetta, d'un Mantegna del quale affiorano i piedi, tratti dal Cristo morto, o Warhol rinchiuso in una lattina di minestra Campbell.
Riprendono i progetti di chimeriche balene volanti (l'ultima, invece natante, è stata trainata nelle acque di Laigueglia ed esposta in Paraxo 94) attorno ai quali s'affollano, sempre negli anni più recenti, appunti di viaggio "attraverso nuovi mari, sotto nuovi cieli" affidati a valigette snodabili, pensili cataloghi del cielo, filiformi soluzioni all'enigma borgesiano del "labirinto d'una sola linea".
E ancora, nella linea dei paesaggi fritti, triti e ritriti (ossia tritati con la mezzaluna), sepolti nella terra, i Climi raffigurazioni del cielo sopra Rapallo (1994), deformati dall'azione degli agenti atmosferici. O il tentativo ultimo di mimare su leggerissimi e mobili riquadri di garza trasparente un Grande cielo, atto conseguente per un pittore giacchè "dipingere è fare gesti in aria".

s.r. (1995)

 





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