VITTORIO MATINO ALLA LOCANDA DI PALAZZO CICALA
Cicladi
incandescente
Cicladi Bonnard
Forse si tratta solo di coincidenze, o magari del
riaffiorare di una voga che già negli anni ’80 si era affermata all’insegna
dell’edonismo visivo e del disincanto post-moderno, per essere poi inghiottita
nel nulla al primo risorgere, nell’ambito artistico, di tendenze concettuali.
Ma non è affatto da scartare l’ipotesi che l’odierno debordare dell’arte in
spazi estranei all’usuale circuito espositivo, costituito dalle gallerie e dai
musei, rifletta un cambiamento più marcato e profondo di quanto a prima vista
potrebbe sembrare.
Dalla
scena genovese - che in questo si mostra autenticamente glocal, ossia
locale e globale ad un tempo - sono venuti esempi significativi, attivati ad
intermittenza da ritrovi ed esercizi fra i quali spiccano La Madeleine, Le
Corbusier, il BarakA’, La Lepre, e - per la particolare continuità -
Mentelocale. Già in queste esperienze si poteva cogliere una disposizione (che
Achille Bonito Oliva ha definito “ecologica”) a considerare l’arte come fattore
in grado di “migliorare la qualità della nostra esistenza”. Con il rischio,
tutt’altro che irreale, di assimilarla progressivamente al design ed
alla moda, facendone uno dei tanti prodotti di consumo. Ma con il pregio, da
non sottovalutare, di focalizzare l’attenzione sul contemporaneo, voltando
decisamente le spalle al culto esclusivo tributato al Seicento ed
all’Ottocento.
Ad
arricchire sensibilmente questo nuovo panorama viene ora la “Locanda di Palazzo
Cicala”, hotel de charme aperto l’estate scorsa da Marina Vegezzi in un
palazzo cinquecentesco prospiciente piazza San Lorenzo, che nei suoi ambienti
luminosi, arredati con mobili progettati da designers come Ron Arad e
lampadari di Achille Castiglioni, ospita una mostra di Vittorio Matino,
inaugurata ieri con un lungo party, concluso verso mezzanotte.
Per
certi versi sorprendente ma centrata - per la qualità delle opere ed il loro
calibrato inserimento nello spazio - la scelta dell’artista chiamato ad aprire
questa nuova attività dell’albergo, caduta su uno dei protagonisti della
vicenda della “Nuova Pittura” italiana, al primo passaggio genovese in una
carriera internazionale iniziata alle soglie degli anni ’70.
“A
quel tempo” – spiega Matino - “la posizione assunta da me e da altri autori
come Battaglia, Olivieri, Verna, insieme ai quali ho esposto in ripetute
occasioni, era una sfida nei confronti dell’Arte Concettuale e dell’Arte
Povera. Cercavamo di “fare pittura” con i mezzi tradizionali, indagando le
possibilità espressive del colore e del segno, ricercando forme primarie, non
contaminate da altri linguaggi”.
Per
diversi anni l’artista ha perciò seguito una linea di progressiva
semplificazione delle forme, ridotte a linee ed a bande orizzontali, e di
rarefazione del colore sino al limite dell’impercettibilità.
“Paradossalmente”
– prosegue l’artista – “è stata questa disciplina che mi ha permesso poi di
tornare ad un colore pieno, organizzato comunque in una struttura semplice,
ottenuta per approssimazioni successive”.
Così,
ispirandosi da un lato all’essenzialità di Brancusi o, più indietro, al modello
delle sculture cicladiche, e riallacciandosi per altro verso alle esuberanze
cromatiche di Bonnard, Matino è giunto a creare i suoi ultimi lavori: tele
d’impianto severo, in cui appropriatamente Luciano Caramel identifica aspetti
di “perentoria architettonicità”, animate da un colore sempre vibrante e
mutevole, talvolta riconosciuto dall’autore stesso, nel titolo,
“incandescente”.
A
questo primo exploit della Locanda faranno seguito altre rassegne.
“Conto di realizzarne almeno tre o quattro all’anno”, dichiara Marina Vegezzi,
determinata a proseguire un lavoro che racconti la sua passione per l’arte ed
il design. Un obiettivo
impegnativo, concreto. E in qualche modo necessario, se si presta fede
all’osservazione d’un filosofo come Vladimir Jankelevitch, secondo cui “si può
vivere anche senza arte, senza musica, senza libri. Ma non troppo bene”.
s.r. (maggio
2002)