Hozro: materiali sulle arti visive a Genova





DANIEL ROTHBART

Nella sua precedente esperienza espositiva nello spazio d'arte di Enzo Esposito, a Napoli, Daniel Rothbart aveva ordinato una complessa installazione - a misura di galleria - centrata sulla dimensione simbolica dell'albero, con rimandi espliciti alla tradizione cabalistica ebraica: alla raffigurazione delle sephiroth, raggi, attributi di Dio, come fusto rovesciato, la cui risalita permette di ricongiungersi al Principio, di sfiorare l'Ein-Sof, l'Essenza.
Questo schema viene ripreso nella prima ("Untitled", bronzo, 1992) delle sculture esposte alla Pinta, ove "l'esplosione magmatica delle radici - che nell'allestimento napoletano - si perde(va) in un magma babelico di icone tratte dall'imaginario medievale, runico o ebraico" (R. Notte), viene però ridotto a scheletrico basamento ed il tronco, ancora tripartito, è sormontato da una sfera che sancisce, nel duplice richiamo all'assoluto ed alla forma terrestre, la bidirezionalità della struttura e concorre a determinare quel "corto circuito non tanto tra il segno ed il simbolo, ma tra l'oggetto e il simbolo" di cui ragiona nel testo introduttivo Marco Meneguzzo.
Analogamente, nella seconda scultura, anch'essa senza titolo (una barra orizzontale, sorretta da treppiedi, da cui due sfere impendono su ciotole vuote) si avverte lo scarto che la traduzione in materia impone al significato, trasformandolo in "oggetto dalla funzione nascosta", il cui statuto enigmatico costituisce un'interrogazione alla sensibilità contemporanea, un trobar clus in cui si cela una lingua salvata.

s.r. (1993)





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