Politi apre su Flash Art un breve panorama della situazione dell'arte in Liguria (e, in specie, a Genova) con una espressione sintetica ma efficace: "encefalogramma piatto". Diagnosi forse ingenerosa perché le cose a Genova accadono inavvertite e capita sovente di riscoprirne a distanza di anni la valenza anticipatrice. Sta di fatto però che, da un punto di vista ben più ravvicinato, l'impressione non è diversa. C'è chi continua, con professionalità ammirevole, il lavoro impostato negli scorsi decenni (Martini e Ronchetti, Caterina Gualco, Rosa Leonardi). Ma è altrettanto vero che alcune fra le esperienze più attente alla creazione artistica contemporanea (Locus Solus, Galliani, Ravecca) si sono concluse ben prima di aver esaurito la loro dimensione propulsiva. Ed altri, come lo Studio Ghiglione, che pure aveva manifestato propensioni ambiziose, si sono consegnati alla routine dell'inutile.
Sgarbi nel suo intervento all'Accademia Ligustica (8/11/1999) è stato più radicale.
Senza mezzi termini ha detto che la situazione asfittica dell'arte a Genova dipende non solo dalla schizofrenia dei cittadini, capaci di consentire il massacro insensato del proprio centro storico, o dalla miopia, ormai degradata a cecità, dei politici locali, ma dal fatto che i "privati sono senza palle".
A prescindere dalla concomitante difesa ad oltranza di Gianfranco Bruno, i cui meriti |
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critici ("Immagine per la città", "La ricerca dell'identità" o, su altro versante, "La pittura in Liguria dal 1850 al Divisionismo") sono assodati ma ormai lontani e comunque non attinenti alla gestione della Accademia, non particolarmente encomiabile e già protratta oltre ogni ragionevolezza, la tesi di Sgarbi risulta fondata.
La verità è che i genovesi venerano la Lanterna non più per averla scorta come faro dal largo ma nella sua veste domestica di lampione secolare. Nessuno (salvo il totemico naif Pierantoni e forse neppure più lui) sembra disposto investire su qualcosa che, sia pur di poco, oltrepassi la - sopravvalutata - produzione secentesca dei paraggi.
Le tattiche di breve respiro, lo spettacolo Sgarbi e altri simili espedienti durano lo spazio d'una sera. Il problema dell'Accademia rimane. La visibilità si dovrebbe conquistare sul campo, con una presenza attiva in città e, soprattutto, fuori. Non con le periodiche geremiadi, le occupazioni strumentali e via dicendo.
Se qualche privato vuole accollarsi i costi dell'Accademia, lo faccia. Altrimenti intervenga la mano pubblica, ma con un programma di rilancio effettivo. Un programma che consenta alla Ligustica di camminare con le sue gambe. Nuove, magari.
Sandro Ricaldone |