PIERO TERRONE: DISEGNI
Nell'introdurre questa mostra, con cui Piero Terrone - artista che ha alle spalle un lavoro pittorico condotto con grande acutezza a ridosso dell'immagine fotografica - torna a mostrare il suo lavoro dopo un intervallo di qualche anno (l'ultima personale "effettiva" risale infatti al 1981 e si svolse all'Arte Verso, seguita - nel 1983 - da una sorta di antologica al Palazzo della Commenda, nell'ambito del ciclo sul "Realismo in Italia"), Franco Sborgi pone in rilievo l'approccio al disegno come esperienza in sé compiuta, come "momento di specificità linguistica in cui le proprietà del mezzo si pongono come fattori autoportanti di significazione" e non - semplicemente - come luogo dell'abbozzo o "della notazione".
Di una tale autonomia le opere esposte rendono patente testimonianza; meno plausibile è, invece, la sottolineatura del carattere di "sperimentazione" che vi si manifesterebbe, ove il termine sia da intendere nella sua accezione più diffusa, tipica - fra l'altro - delle neoavanguardie del secondo dopoguerra. Indubbia, comunque, rimane la disposizione "aperta" del lavoro, la ricerca di soluzione commisurate a tensioni espressive di vario registro, al di fuori di ogni predeterminazione di maniera.
In essa, pur senza fratture, si palesano essenzialmente due modi: il primo, esperito principalmente nei "volti" e nelle figure, si vale della concitazione e della frantumazione del segno per immettere l'immagine in un ambito d'intensità drammatica; il secondo, prevalente nelle raffigurazioni d'ambienti e d'oggetti (fra cui vanno ricercati gli esiti più significativi) affonda la frastagliatura del tratto nella grevità delle masse buie, acquisendo all'opera (citiamo sempre Sborgi) una dimensione di violenta emblematicità.
s.r. (1987)