VIDEO-SCULTURA, LINGUA IBRIDATA
"L'affermarsi di un'idea, il nascere d'un nuovo linguaggio - rileva Marco Meneguzzo, un critico da sempre interessato all'espressione video - necessita di un iniziale periodo di purezza, di assoluta non contaminazione con altre idee, altri linguaggi che possano stemperare l'assunto iniziale, la forte dichiarazione d'intenti, la chiarezza schematica di un'inedita sintassi". E così è stato anche nel caso della video-arte, che a lungo, in quello che si potrebbe chiamare il suo filone di ricerca (distinto, anche se non contrapposto, rispetto a quello più propriamente "documentario", volto alla registrazione di eventi effimeri come performances, installazioni, operazioni di Land Art ecc.), si è barricata nel proprio territorio "nella convinzione - scrive ancora Meneguzzo - che il proprio identificarsi, in toto, col mezzo che dettava il proprio linguaggio avrebbe reso obsoleti tutti gli altri linguaggi artistici in un futuro neanche troppo lontano".
Ma se l'isolamento costituisce condizione favorevole alla fondazione d'un linguaggio, è però scarsamente propizio alla sua diffusione. Il mutamento di rotta che ha condotto, negli ultimi anni,ifautori del medium elettronico a ricercarne l'integrazione con altre forme espressive (l'installazione, in primis, e quindi la scultura), non sembra però esser stato prodotto da strategie o da esigenze, per così dire, di marketing. Al contrario, alla sua origine si pone - con ogni probabilità - una più generale caratteristica epocale, l'affermarsi di uno schema fondato non più sulla specificità e sulla separatezza delle diverse discipline bensì, al contrario, sulla complessità e sull'interrelazione.
Non mancano gli esempi a riprova: tanto più significativi poiché emersi in contesti differenti. Happenings e mixed media degli anni '60/70 e, più vicina a noi, la pitto-scultura. La video-scultura, di cui ci offre occasione di ragionare una mostra, promossa dal Goethe Institut - Genua e realizzata in collaborazione con il Centro Video Arte di Ferrara diretto da Lola Bonora, attualmente in corso allo Studio Leonardi /V-idea, a ridosso di "Video-Skulptur, retrospektiv und aktuell: 1963-1989" curata da Wulf Herzogenrath e da Edith Decker per la Kunstverein di Colonia.
A differenza della rassegna tedesca, che riuniva opere di 45 artisti di varia estrazione nazionale, la manifestazione genovese propone una sorta di confronto fra due artisti italiani e due tedeschi, fra i piu' attivi ed interessanti dell'odierno panorama internazionale.
Troviamo quindi di fronte, nella prima sala, Fabrizio Plessi (che, nell'occasione, espone "Arco liquido", un lavoro che punta sulla parvenza liquida dell'immagine elettronica ove affonda, ai due estremi, un arcuato tubo luminoso) e Barbara Hammann che propone su due video accostati il moto indipendente di due dita enormemente ingrandite, di cui viene contemporaneamente affermata e smentita la dimensione plastica, sempre rimesso in questione l'ipotetico equilibrio.
Nel secondo ambiente sono collocate le installazioni di Maurizio Camerani ("La trave d'equilibrio", 1988: un cerchio composto di elementi verticali in cemento attraversato da una barra metallica che al centro reca un video miniaturizzato sul quale a stento, e marginalmente, si percepiscono eventi - e di Klaus vom Bruch, di cui si è potuto recentemente vedere "Radarraum" al Museo Pecci di Prato, nell'ambito di "Spazi '88".
Vom Bruch addossa alla parete una struttura metallica in forma di piramide dimidiata, ponendo a fianco dei due lati altrettanti monitors (in posizione non verticale, come d'ordinario, ma orizzontale, con un radicale effetto distorsivo) ove appaiono i volti anonimi e vagamente inquietanti d'ignoti personaggi, in una situazione straniata che - nota Gilberto Pellizzola - abbina la "alterità congenita delle delocazioni" e la "verità sociologica degli ingredienti".
Un cenno appena per un'altra manifestazione organizzata da V-idea in concomitanza con la mostra: "AA.VV.", un'operazione di matrice concettuale di Tommaso Tozzi che attraverso le immagini d'una supposta rassegna video (lavori e immagini di Ben Vautier, Ulay e Marina Abramovic, Beuys, Dedo & WZ, Nam June Paik, Klaus vom Bruch, Renaldo & The Loaf, Giovanotti Mondani Meccanici) fa trascorrere, troppo rapida per essere colta dall'occhio, attraverso la scritta in sovrimpressione "V-idea/video" la parola "Ribellati".
s.r. (1989)