Hozro: materiali sugli artisti liguri





JAN VERCRUYSSE

A ridosso di un'importante esposizione tenuta fra marzo ed aprile al Palais de Beaux-Arts di Bruxelles, Vittorio Dapelo eUberta Sannazaro hanno realizzato nella loro galleria (Locus Solus, Via Garibaldi 9 R., Genova) la seconda uscita italiana di Jan Vercruysse, un giovane artista belga indicato nelle recenti cronache fra i più stimolanti di questa fase in cui vanno nuovamente affiorando tendenze concettuali.

Nellaclassificazione proposta di recente da Carolyn Christov-Bakargiev, che distingue in quest'ambito fra ricerche tese ad elaborare, mediante dispositivi analitici ed ideologici, una "consapevolezza dei meccanismi sociali ed economici chestanno alla base della condizione post-moderna" ed altre - in specie europee - che fanno uso di un "linguaggio fortemente allusivo e metaforico, sovente riferito all'arte in quanto tale", Vercruysse va senz'altro inserito in questa seconda area, caratterizzata dalla formulazione di "enunciati apparentemente muti".

Tali appaiono infatti i "Tombeaux" (termine che in lingua fran- cese riveste il doppio significato di "luogo della sepoltura" e di "composizione poetica in memoria" e che, in quest'ultima accezione rimanda all'attività poetica esercitata dall'autore sino alla metà degli anni settanta) che costituiscono l'oggetto dell'esposizione: costruzioni di severo impianto monumentale, contrassegnate dal rigore geometrico dei volumi e dalla qualità preziosa dei materiali (palissandro, pitch-pine, ramino), fisicamente impenetrabili, segno d'una condizione che respinge il desiderio ed il significato nullificando - attraverso un'incombente perfezione - la possibilità stessa del prodursi di eventi.

Se nei cicli realizzati anteriormente delle "A-topies" e degli "Eventails" si palesava il carattere - rilevato da Marianne Brouwer - di "scenario composto di elementi retorici attinti dalla sfera dell'arte", uno scenario ove "la retorica conduce e dirige lo sguardo, ma le immagini lo immobilizzano costringendo lo spettatore a riportarsi al punto di partenza", nei "Tombeaux" l'articolazione del discorso sembra toccare l'estremo, saggiando - dopo l'azzeramento della rappresentazione, che rinvia la forma a sé stessa, alla terribilità del bello incondizionato - il configurarsi dell'oggetto artistico come contraddizione assoluta tra una presenza fisica massiccia e la situazione di "assenza" cui, metaforicamente, attraverso il rimando alla morte, si riconduce.

Una investigazione intorno alla possibilità ed ai limiti dell'arte, questa, che assume - come osserva Alain Cueff - una connotazione propriamente etica, che investe il problema della verità e sembra identificare nel silenzio, o nell'inquietudine ch'esso comporta, la sola adeguata maniera di esprimerla.

s.r. (1990)





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